L’incombenza potenziale e
il rischio dello sviluppo della sindrome da “burnout” è specialmente rilevante
per le persone il cui stile di vita e i ritmi lavorativi si associno ad
alti livelli di stress, e i cui tratti e l’organizzazione globale di
personalità presentino elementi di fragilità che possono intersecare
sfavorevolmente con condizioni lavorative ed esistenziali particolarmente
stressanti.
Spesso il termine “burnout” viene menzionato quando si discute di stress
in generale, o anche più specificamente di stress lavoro correlato:
ma che cosa è esattamente il burnout e da che cosa
può essere causato?
Nel 1974 H. J. Freudenberger, uno psicoanalista americano, introdusse
il termine burnout per descrivere un complesso di
sintomi rilevati in operatori sociali americani, quali logoramento,
esaurimento e depressione, e in generale l’incapacità di funzionare
efficacemente nel proprio ambito lavorativo, come conseguenza di una esposizione ampia e prolungata a una condizione
di stress lavorativo. Da allora l’incidenza e la ricerca sullo stress e
il burnout sono cresciuti in misura esponenziale,
dirigendo in particolare il focus dell’attenzione sulle caratteristiche del
fenomeno nell’ambito dei servizi socio-sanitari, pertanto su categorie
professionali quali insegnanti, avvocati, agenti di polizia, infermieri,
medici, psicoterapeuti (Maslach e Jackson, 1981),
e in senso più ampio anche ad altre categorie di lavoratori comunque
strettamente coinvolte nelle relazioni interpersonali o nei servizi di
“front office”, come insegnanti, impiegati di pubbliche amministrazioni,
ecc. Specificamente, nel 1980 Cherniss attribuì
il termine “Burn-out syndrome”
a un tipo ben determinato di risposta individuale relativamente a una
situazione lavorativa percepita come stressante, e nell’ambito della quale
il soggetto non dispone di risorse comportamentali o cognitive adeguate.
Più precisamente, oggi possiamo definire la sindrome da burnout come un fenomeno complesso e multidimensionale,
il cui nucleo è determinato da un sovraccarico prolungato nel tempo di
stress emotivo, cui fa seguito una condizione disadattiva di generale e
intenso malessere, definito strain, che degenera in un quadro composito
caratterizzato da esaurimento
emotivo, depersonalizzazione,
ridotta percezione di
realizzazione personale (Maslach, 1982).
Il fenomeno burnout potrebbe essere considerato
come una sorta di virus dell’anima, in quanto la sua azione è invisibile,
sottile, penetrante e continua, e tale che in assenza di interventi
terapeutici qualificati può determinare gravi conseguenze sulle componenti
volitive, energetiche e lavorative degli operatori che ne vengono colpiti.
E’ ormai opinione condivisa da diversi autori che la sindrome generalmente
si sviluppi negli operatori sanitari attraverso quattro fasi fondamentali, secondo quanto assunto da Edelwich e Brodsky (1980): entusiasmo idealistico, stagnazione, frustrazione, apatia.
Mentre il burnout non è riconosciuto e classificato nella
nosografia psichiatrica internazionale come un disturbo, esso detiene
comunque una serie di caratteristiche che si sovrappongono a quelle di
altri disturbi ufficialmente classificati nei disturbi d’ansia e nei
disturbi dell’umore. In ogni caso l’incidenza del burnout
è certamente rilevante: per esempio, è stato stimato che una percentuale
tra il 25 e il 60 % di medici in attività è affetta a un qualche livello
dalla sindrome burnout!
I classici sintomi della
sindrome burnout includono:
Riduzione dell’energia fisica: lo stress prolungato può
logorare fisicamente, causando un elevato e protratto livello di
stanchezza. La persona sente di non disporre più delle energie che aveva in
passato, e spesso si percepisce demotivato o sperimenta sensazioni di
impotenza nell’affrontare un nuovo giorno di lavoro.
Esaurimento Emotivo: ci si sente frequentemente
impazienti, lunatici, inspiegabilmente tristi, o semplicemente molto più
frustrati del solito. Si ha la sensazione di non potere o di non riuscire
ad affrontare la vita con la stessa facilità con cui si era soliti farlo
precedentemente.
Abbassamento delle difese
immunitarie alle malattie:
quando i livelli di stress sono elevati per un tempo prolungato, il sistema
immunitario ne soffre. Le persone che soffrono di sindrome burnout solitamente ricevono dei messaggi dal loro
corpo, che chiede dei necessari cambiamenti: questi messaggi si esprimono
spesso in forma di maggiore suscettibilità ai raffreddori, alle influenze,
e altre malattie o malesseri minori (qualche volta malattie di una certa
gravità).
Minore investimento nelle
relazioni interpersonali:
un certo ritiro dalle relazioni interpersonali è un altro possibile sintomo
del burnout. La persona affetta dalla sindrome
potrebbe sentire come se avesse meno da dare, o avere meno interesse a
divertirsi, o semplicemente avere meno pazienza con gli altri.
Invariabilmente, per qualche ragione il lavoratore affetto da burnout recepisce degli effetti negativi nelle sue
relazioni interpersonali.
Atteggiamenti sempre più
pessimistici:
quando ci si imbatte nella sindrome burnout
diviene sempre più difficile entusiasmarsi nella quotidianità della vita,
aspettarsi il meglio, lasciare andare le cose negative o lasciarsele alle
spalle, e più in generale guardare il lato positivo delle cose. E’ molto
più difficile, per chi è colpito da burnout,
utilizzare l’umorismo come magari normalmente faceva prima (e l’umorismo è
un efficace meccanismo di difesa, anche contro la sindrome burnout).
Incremento
dell’assenteismo e inefficienza lavorativa: il
lavoratore affetto da sindrome burnout trova più
difficile alzarsi dal letto per affrontare la giornata lavorativa con tutte
le componenti che la caratterizzano e che lo opprimono. Sia l’assenteismo
che lo scarso rendimento al lavoro sono generalmente determinati dalla
componente ansioso-depressiva che caratterizza il burnout:
il lavoratore gradualmente perde il livello energetico e la concentrazione
che possono consentirgli un rendimento soddisfacente, oppure è invaso da un
tale livello d’ansia fobica (o è talmente logorato da sviluppare patologie
o malesseri fisiologici, a causa dell’accumulo di stress che ha abbassato
le difese del suo sistema immunitario) che lo porta ad assentarsi dal
lavoro.
Per
tutte queste ragioni, è evidente che la sindrome burnout
costituisce una minaccia per la salute del lavoratore, ma anche per
l’efficienza e la produttività di un’organizzazione lavorativa.
Per
quanto concerne le cause della
sindrome, esistono diverse prospettive teoriche che hanno cercato di
spiegare l’insorgenza, la genesi e la manifestazione del burnout, ma certamente quella a cui si fa più
ampiamente riferimento è relativa al punto di vista psicosociale. Secondo
questo approccio, le cause del burnout andrebbero
fondamentalmente ricercate nell’interazione fra le caratteristiche del
singolo soggetto e la specificità dell’ambiente lavorativo e sociale in cui
è inserito. A tale interazione concorrerebbero la posizione occupata
dall’operatore nella struttura organizzativa, il suo status, le mansioni
che deve svolgere, il suo ruolo, e le sue caratteristiche personali, quali
i tratti di personalità, le sue motivazioni, i suoi interessi, la sua
storia personale, i suoi atteggiamenti. L’interazione fra i diversi fattori
può determinare una risposta più o meno positiva in termini di adattamento,
in un continuum che in un ipotetico spettro adattivo va da una condizione
di perfetto adattamento (eustress) a una
condizione di disadattamento (distress) o
sindrome di burnout. Pertanto, i fattori dello
stress e del burnout fondamentalmente possono
essere raggruppati in tre grandi classi: fattori socio-culturali
(valori e credenze, contesto e situazione socio-politica e relative
pressioni), fattori personologici o idiosincratici (le caratteristiche
di personalità e tutti i fattori soggettivi, comprese le variabili
anagrafiche), fattori lavorativi (comprendenti tutte le caratteristiche
dell’organizzazione d’appartenenza e del lavoro svolto). Fra le caratteristiche soggettive sono
risultate ampiamente indagate le variabili socio-anagrafiche, come sesso,
età, stato civile, condizione socio-economica. Secondo Bonino (1988), rientrano
nell’ambito delle cause soggettive
tre classi di fattori: le caratteristiche di personalità, le
aspettative professionali, lo stress non professionale. Per quanto
attiene le caratteristiche di
personalità, si pensa che i tratti e le inclinazioni che
maggiormente predispongono al burnout siano i
seguenti: insufficiente maturazione emotiva; tendenza all’eccessivo
coinvolgimento nelle problematiche altrui; incapacità di reggere relazioni
sociali coinvolgenti; intolleranza della frustrazione; insufficiente
capacità di elaborare la spinta a riparare, laddove la riparazione è
inconsciamente concepita come propria responsabilità; incapacità di gestire
il tempo in modo efficace e produttivo, con conseguente continua
insoddisfazione per come lo si è utilizzato a prescindere dagli esiti
raggiunti. Per quanto concerne le aspettative professionali, si ritiene che motivazioni
inadeguate, come il desiderio inconsapevole di esercitare
potere decisionale sugli altri, o identificazioni con professionisti di
successo e fantasie salvifiche e di onnipotenza, possano incidere
sull’insorgenza e lo sviluppo della sindrome da burnout.
Nella causalità del burnout viene giustamente
dato rilievo anche alla componente relativa allo stress non professionale (ibidem), derivante da tutti
quei fattori che rientrano nella sfera extra-lavorativa del soggetto (come
le relazioni familiari, amicali, lo stato di salute, e in generale le
relazioni sociali) i quali potrebbero determinare, attraverso
protratte stimolazioni negative, una amplificazione stressogena
in ambito lavorativo: infatti, generalmente, quanto più è elevato lo stress
fuori dal lavoro, tanto più intensa è la reazione agli stimoli stressanti
in ambito lavorativo. Secondo Contessa (1995), le cause principali della
sindrome sono essenzialmente riconducibili a tre variabili principali,
spesso intrecciate fra loro: eccessiva
indealizzazione della professione d’aiuto
precedente all’entrata nel lavoro; mansione frustrante o inadeguata alle
aspettative; organizzazione del lavoro disfunzionale o patologica.
Queste variabili, fra loro correlate, evidenziano due problematiche
principali nelle professioni d’aiuto, il cui superamento avrebbe la
funzione di prevenire e curare il burnout, oltre
che dare qualità ai servizi d’aiuto: la prima è quella del reclutamento,
della selezione e della formazione degli operatori, mentre la seconda
riguarda l’adeguata organizzazione del lavoro nei sistemi d’aiuto (Manca Uccheddu e Viola, 2005).
Se pensi di essere a rischio burnout o se hai il dubbio di sperimentare i sintomi e
il malessere tipici della sindrome,
potrebbe essere costruttivo effettuare una consulenza psicologica con un
controllo psicodiagnostico, ed eventualmente svolgere un percorso
psicoterapico orientato alla riduzione del livello di stress e al
trattamento dei fattori soggettivi che hanno inciso nell’insorgenza del burnout e che lo alimentano.
Per informazioni o comunicazioni:
Dott. Antonello Viola
Via Palestrina, 15
09048 Sinnai (CA)
Tel. 070 780180
Cell. 3200757817
e-mail: antonello.viola@gmail.com
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“Il burnout in psicoanalisi”, di
Ornella Manca Uccheddu e Antonello Viola; Fioriti
Editore, 2005.
Il libro fornisce un
quadro esaustivo delle caratteristiche della sindrome burnout
nelle professioni d’aiuto, e i risultati di un’indagine pilota
sull’incidenza della sindrome in ambito psicoanalitico.
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