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  - La sindrome burnout nelle professioni d’aiuto

    e socio-sanitarie: l’importanza della prevenzione 

    dello stress lavoro correlato -

                                       Dott. Antonello Viola

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L’incombenza potenziale e il rischio dello sviluppo della sindrome da burnout è specialmente rilevante per le persone il cui stile di vita e i ritmi lavorativi si associno ad alti livelli di stress, e i cui tratti e l’organizzazione globale di personalità presentino elementi di fragilità che possono intersecare sfavorevolmente con condizioni lavorative ed esistenziali particolarmente stressanti.

Spesso il termine “burnout” viene menzionato quando si discute di stress in generale, o anche più specificamente di stress lavoro correlato: ma che cosa è esattamente il burnout e da che cosa può essere causato? 

Nel 1974 H. J. Freudenberger, uno psicoanalista americano, introdusse il termine burnout per descrivere un complesso di sintomi rilevati in operatori sociali americani, quali logoramento, esaurimento e depressione, e in generale l’incapacità di funzionare efficacemente nel proprio ambito lavorativo, come conseguenza di una esposizione ampia e prolungata a una condizione di stress lavorativo. Da allora l’incidenza e la ricerca sullo stress e il burnout sono cresciuti in misura esponenziale, dirigendo in particolare il focus dell’attenzione sulle caratteristiche del fenomeno nell’ambito dei servizi socio-sanitari, pertanto su categorie professionali quali insegnanti, avvocati, agenti di polizia, infermieri, medici, psicoterapeuti (Maslach e Jackson, 1981), e in senso più ampio anche ad altre categorie di lavoratori comunque strettamente coinvolte nelle relazioni interpersonali o nei servizi di “front office”, come insegnanti, impiegati di pubbliche amministrazioni, ecc. Specificamente, nel 1980 Cherniss attribuì il termine Burn-out syndrome a un tipo ben determinato di risposta individuale relativamente a una situazione lavorativa percepita come stressante, e nell’ambito della quale il soggetto non dispone di risorse comportamentali o cognitive adeguate. Più precisamente, oggi possiamo definire la sindrome da burnout come un fenomeno complesso e multidimensionale, il cui nucleo è determinato da un sovraccarico prolungato nel tempo di stress emotivo, cui fa seguito una condizione disadattiva di generale e intenso malessere, definito strain, che degenera in un quadro composito caratterizzato da esaurimento emotivo, depersonalizzazione, ridotta percezione di realizzazione personale (Maslach, 1982). Il fenomeno burnout potrebbe essere considerato come una sorta di virus dell’anima, in quanto la sua azione è invisibile, sottile, penetrante e continua, e tale che in assenza di interventi terapeutici qualificati può determinare gravi conseguenze sulle componenti volitive, energetiche e lavorative degli operatori che ne vengono colpiti. E’ ormai opinione condivisa da diversi autori che la sindrome generalmente si sviluppi negli operatori sanitari attraverso quattro fasi fondamentali, secondo quanto assunto da Edelwich e Brodsky (1980): entusiasmo idealistico, stagnazione, frustrazione, apatia.

Mentre il burnout non è riconosciuto e classificato nella nosografia psichiatrica internazionale come un disturbo, esso detiene comunque una serie di caratteristiche che si sovrappongono a quelle di altri disturbi ufficialmente classificati nei disturbi d’ansia e nei disturbi dell’umore. In ogni caso l’incidenza del burnout è certamente rilevante: per esempio, è stato stimato che una percentuale tra il 25 e il 60 % di medici in attività è affetta a un qualche livello dalla sindrome burnout!

I classici sintomi della sindrome burnout includono:

Riduzione dell’energia fisica: lo stress prolungato può logorare fisicamente, causando un elevato e protratto livello di stanchezza. La persona sente di non disporre più delle energie che aveva in passato, e spesso si percepisce demotivato o sperimenta sensazioni di impotenza nell’affrontare un nuovo giorno di lavoro.

Esaurimento Emotivo: ci si sente frequentemente impazienti, lunatici, inspiegabilmente tristi, o semplicemente molto più frustrati del solito. Si ha la sensazione di non potere o di non riuscire ad affrontare la vita con la stessa facilità con cui si era soliti farlo precedentemente.

Abbassamento delle difese immunitarie alle malattie: quando i livelli di stress sono elevati per un tempo prolungato, il sistema immunitario ne soffre. Le persone che soffrono di sindrome burnout solitamente ricevono dei messaggi dal loro corpo, che chiede dei necessari cambiamenti: questi messaggi si esprimono spesso in forma di maggiore suscettibilità ai raffreddori, alle influenze, e altre malattie o malesseri minori (qualche volta malattie di una certa gravità).

Minore investimento nelle relazioni interpersonali: un certo ritiro dalle relazioni interpersonali è un altro possibile sintomo del burnout. La persona affetta dalla sindrome potrebbe sentire come se avesse meno da dare, o avere meno interesse a divertirsi, o semplicemente avere meno pazienza con gli altri. Invariabilmente, per qualche ragione il lavoratore affetto da burnout recepisce degli effetti negativi nelle sue relazioni interpersonali.

Atteggiamenti sempre più pessimistici: quando ci si imbatte nella sindrome burnout diviene sempre più difficile entusiasmarsi nella quotidianità della vita, aspettarsi il meglio, lasciare andare le cose negative o lasciarsele alle spalle, e più in generale guardare il lato positivo delle cose. E’ molto più difficile, per chi è colpito da burnout, utilizzare l’umorismo come magari normalmente faceva prima (e l’umorismo è un efficace meccanismo di difesa, anche contro la sindrome burnout).

Incremento dell’assenteismo e inefficienza lavorativa: il lavoratore affetto da sindrome burnout trova più difficile alzarsi dal letto per affrontare la giornata lavorativa con tutte le componenti che la caratterizzano e che lo opprimono. Sia l’assenteismo che lo scarso rendimento al lavoro sono generalmente determinati dalla componente ansioso-depressiva che caratterizza il burnout: il lavoratore gradualmente perde il livello energetico e la concentrazione che possono consentirgli un rendimento soddisfacente, oppure è invaso da un tale livello d’ansia fobica (o è talmente logorato da sviluppare patologie o malesseri fisiologici, a causa dell’accumulo di stress che ha abbassato le difese del suo sistema immunitario) che lo porta ad assentarsi dal lavoro.

Per tutte queste ragioni, è evidente che la sindrome burnout costituisce una minaccia per la salute del lavoratore, ma anche per l’efficienza e la produttività di un’organizzazione lavorativa.

Per quanto concerne le cause della sindrome, esistono diverse prospettive teoriche che hanno cercato di spiegare l’insorgenza, la genesi e la manifestazione del burnout, ma certamente quella a cui si fa più ampiamente riferimento è relativa al punto di vista psicosociale. Secondo questo approccio, le cause del burnout andrebbero fondamentalmente ricercate nell’interazione fra le caratteristiche del singolo soggetto e la specificità dell’ambiente lavorativo e sociale in cui è inserito. A tale interazione concorrerebbero la posizione occupata dall’operatore nella struttura organizzativa, il suo status, le mansioni che deve svolgere, il suo ruolo, e le sue caratteristiche personali, quali i tratti di personalità, le sue motivazioni, i suoi interessi, la sua storia personale, i suoi atteggiamenti. L’interazione fra i diversi fattori può determinare una risposta più o meno positiva in termini di adattamento, in un continuum che in un ipotetico spettro adattivo va da una condizione di perfetto adattamento (eustress) a una condizione di disadattamento (distress) o sindrome di burnout. Pertanto, i fattori dello stress e del burnout fondamentalmente possono essere raggruppati in tre grandi classi: fattori socio-culturali (valori e credenze, contesto e situazione socio-politica e relative pressioni), fattori personologici o idiosincratici (le caratteristiche di personalità e tutti i fattori soggettivi, comprese le variabili anagrafiche), fattori lavorativi (comprendenti tutte le caratteristiche dell’organizzazione d’appartenenza e del lavoro svolto).  Fra le caratteristiche soggettive sono risultate ampiamente indagate le variabili socio-anagrafiche, come sesso, età, stato civile, condizione socio-economica. Secondo Bonino (1988), rientrano nell’ambito delle cause soggettive tre classi di fattori: le caratteristiche di personalità, le aspettative professionali, lo stress non professionale. Per quanto attiene le caratteristiche di personalità, si pensa che i tratti e le inclinazioni che maggiormente predispongono al burnout siano i seguenti: insufficiente maturazione emotiva; tendenza all’eccessivo coinvolgimento nelle problematiche altrui; incapacità di reggere relazioni sociali coinvolgenti; intolleranza della frustrazione; insufficiente capacità di elaborare la spinta a riparare, laddove la riparazione è inconsciamente concepita come propria responsabilità; incapacità di gestire il tempo in modo efficace e produttivo, con conseguente continua insoddisfazione per come lo si è utilizzato a prescindere dagli esiti raggiunti. Per quanto concerne le aspettative professionali, si ritiene che motivazioni inadeguate, come il desiderio inconsapevole di esercitare potere decisionale sugli altri, o identificazioni con professionisti di successo e fantasie salvifiche e di onnipotenza, possano incidere sull’insorgenza e lo sviluppo della sindrome da burnout. Nella causalità del burnout viene giustamente dato rilievo anche alla componente relativa allo stress non professionale (ibidem), derivante da tutti quei fattori che rientrano nella sfera extra-lavorativa del soggetto (come le relazioni familiari, amicali, lo stato di salute, e in generale le relazioni sociali) i quali potrebbero determinare, attraverso protratte stimolazioni negative, una amplificazione stressogena in ambito lavorativo: infatti, generalmente, quanto più è elevato lo stress fuori dal lavoro, tanto più intensa è la reazione agli stimoli stressanti in ambito lavorativo. Secondo Contessa (1995), le cause principali della sindrome sono essenzialmente riconducibili a tre variabili principali, spesso intrecciate fra loro: eccessiva indealizzazione della professione d’aiuto precedente all’entrata nel lavoro; mansione frustrante o inadeguata alle aspettative; organizzazione del lavoro disfunzionale o patologica. Queste variabili, fra loro correlate, evidenziano due problematiche principali nelle professioni d’aiuto, il cui superamento avrebbe la funzione di prevenire e curare il burnout, oltre che dare qualità ai servizi d’aiuto: la prima è quella del reclutamento, della selezione e della formazione degli operatori, mentre la seconda riguarda l’adeguata organizzazione del lavoro nei sistemi d’aiuto (Manca Uccheddu e Viola, 2005).

 

 

Se pensi di essere a rischio burnout o se hai il dubbio di sperimentare i sintomi e il malessere tipici della sindrome, potrebbe essere costruttivo effettuare una consulenza psicologica con un controllo psicodiagnostico, ed eventualmente svolgere un percorso psicoterapico orientato alla riduzione del livello di stress e al trattamento dei fattori soggettivi che hanno inciso nell’insorgenza del burnout e che lo alimentano.

 

 

 

 

Per informazioni o comunicazioni:

Dott. Antonello Viola
Via Palestrina, 15
09048 Sinnai (CA)
Tel. 070 780180
Cell. 3200757817
e-mail: antonello.viola@gmail.com

 

 

 

 

 

 

                                                          

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“Il burnout in psicoanalisi”, di Ornella Manca Uccheddu e Antonello Viola; Fioriti Editore, 2005.

Il libro fornisce un quadro esaustivo delle caratteristiche della sindrome burnout nelle professioni d’aiuto, e i risultati di un’indagine pilota sull’incidenza della sindrome in ambito psicoanalitico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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